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CON UN PIZZICO DI INVIDIA


Cari amici,
con un pizzico di invidia leggo le esperienze di chi ha potuto assistere il proprio congiunto direttamente e nella propria casa.
A noi il decorso della malattia non ha concesso ciò; dopo due anni dalla scoperta del morbo, all'età di 70 anni, mia madre ha cominciato con la mania di essere derubata, di nascondere gli oggetti e di accusare noi figli, fino ad arrivare a forte aggressività anche nei confronti dei vicini di casa, nonostante conservasse accettabilmente le capacità cognitive (stando ai famosi test dell'UVA). Perciò, pur non potendo più stare sola, non accettava assolutamente persone in casa, meno che mai estranee, convinta di essere autonoma.
Il nostro territorio (Sud) non offre nulla a livello di rete assistenziale e quasi nulla a livello di strutture: abbiamo dovuto inserirla da due mesi in un residenza protetta per anziani che mostra una discreta competenza nella gestione della malattia.
Tolta da un contesto che per lei era ansiogeno, ha recuperato una certa qualità di vita. Per noi è ancora grande la sofferenza del distacco.
Nonostante il carico economico forte per tutta la famiglia (mia madre ha una pensione di reversibilità ed è naturalmente in attesa di visita collegiale per l'assegno di accompagnamento) ora alcuni parenti, completamente scomparsi in questi due anni ci accusano di una decisione affrettata per una persona che, a loro dire, sta ancora bene.
A sofferenza si aggiunge sofferenza.
Scusate lo sfogo

Angela


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