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DEMENZA SENILE
UN'ESPERIENZA PERSONALE

Gennaro Gallo vuole raccontare la sua esperienza personale, nella quale molti si riconosceranno,
per aiutare tutti coloro che hanno un familiare malato di Alzheimer.



Fotografia Ho conosciuto mia moglie quando eravamo ragazzi e siamo ormai sposati felicemente da 57 anni, con figli, nuore e nipoti.
I primi segnali della malattia comparvero nell'estate di 4 anni fa e furono all'inizio certamente sottovalutati, anche perchè ero completamente impreparato.
Adriana, donna coraggiosa, attiva, vivace per carattere sempre sorridente e cordiale con chiunque, cominciò a diventare sospettosa, diffidente, paurosa: soffriva di allucinazioni e vedeva intrusi dappertutto, era in continuo affaccendamento, aveva paura di tutto e di tutti e cercava di ovviare nascondendo le sue cose ed il denaro in posti dove poi non si riuscivano più a trovare; divenne aggressiva. Certamente fu una fase iniziale molto dolorosa non solo per me ed i miei familiari, ma soprattutto per lei che nelle fasi di lucidità dimostrava di essere ancora consapevole delle "stranezze" che commetteva.
La malattia purtroppo fece il suo corso con una perdita progressiva della memoria, della funzione motoria, della parola e della capacità di ragionamento. Questo stato di cose rese assai arduo il compito dell'assistenza, che mia moglie respingeva, dichiarandosi ancora in grado di gestire le faccende di casa. Io, peraltro, avevo escluso fin dall'inizio l'ipotesi di un suo ricovero, perchè mi avrebbe privato del suo affetto e della sua presenza.


A costo di qualsiasi sacrificio decisi che l'avrei tenuta nella sua casa

Le terapie farmacologiche decise dai medici, dopo successive approssimazioni, ebbero l'effetto di tranquillizzarla, per cui la situazione ebbe un'evoluzione favorevole e mia moglie divenne più tranquilla e man mano le reazioni vivaci e violente, furono meno frequenti, per cui riuscii ad organizzare un'assistenza che richiese l'apporto, a tempo più o meno pieno, di 2 persone.
Accadde come se l'Adriana di prima, fondamentalmente sana, che fino a 80 anni si definiva "anziana", avesse visto nello specchio la sua attuale immagine ed avesse preso coscienza del suo stato di donna vecchia ed invalida, indifesa e bisognosa di aiuto per ogni sua necessità.
Da quel momento le sue reazioni verso il personale che l'assiste ed anche verso di me sono diventate più morbide ed anzi ha assunto un comportamento di rassegnazione e disponibilità, ricambiando le "cure" e l'assistenza ricevute con sorrisi, bacini affettuosi ed espressioni come "grazie, scusi, come sei bella, come sei brava".

In ciò riemerge il suo carattere innato di persona gentile.

Adriana riserva effusioni particolari nei momenti in cui il personale, sostenendola a due mani, le fa fare il giro della casa, che soddisfa il suo desiderio di muoversi, che esprime, quando è seduta in poltrona, dicendo "andiamo?" e che, a giro concluso le fa dire "com'è bella la mia casa!".
E' evidente che mia moglie ha assoluta fiducia nelle 2 persone che a turno l'assistono: le riconosce e spesso le chiama per nome. Costoro, d'altro canto, si sono affezionate all'inferma, le parlano e la trattano con molto garbo. In tutto questo anch'io, che gestisco alla meglio il "mènage" di questa piccola comunità, ho la mia parte e devo essere il più possibile presente per rispondere alle sue frequenti chiamate "papà, papà, il mio papà!"
Il suono della mia voce la tranquillizza e mi ricompensa con qualche bella parola, con un sorriso e stringendo la mia mano forte e a lungo: appoggiare il suo piede sulla mia scarpa, la rassicura. Ho anche capito, da diversi suoi micro-segnali, che Adriana ha compreso quale sia il ritmo delle operazioni giornaliere che la riguardano, e, anche se sono fastidiose, vi si sottomette senza protestare. Spesso la sera, quando ormai stanca desidera essere portata a letto, anticipa un "grazie" innanzi tempo, che può sembrare senza motivo, ma che invece ha un significato preciso per chi conosce la nostra situazione.
Noto inoltre che Adriana dà segni di gradimento se le faccio ascoltare
canzoni del passato che le piacevano e se le leggo
piccoli brani su argomenti che un tempo ben conosceva.

Da tutti questi elementi, mi pare di poter dire che in lei ci sia una leggera ripresa della memoria e che la sua mente formuli dei pensieri che poi purtroppo non riesce ad esprimere se non con mezze frasi, magari incomprensibili.

E' opinione corrente che nello stato avanzato della malattia, questi infermi "non capiscano", "non afferrino" per cui in loro presenza ci si potrebbe muovere ed esprimere liberamente, anche parlando di loro.
Devo dire, invece, che Adriana coglie nelle persone che le stanno vicine anche
le più piccole sfumature del tono di voce, dell'espressione del viso
e dello sguardo, nota i gesti concitati ed intuisce,
forse a suo modo, situazioni che la turbano: lo stesso si può dire per le
discussioni troppo animate fatte in sua presenza o le scene di violenza in televisione.

Nel mio caso i familiari costituiscono un valido supporto esterno: durante le loro visite ormai purtroppo mia moglie non pare riconoscerli, ma se la presenza si prolunga alle loro parole risponde con un sorriso e talvolta sembra averli identificati dicendo "ah, sei qui?"
Questo è ormai il ritmo della nostra piccola comunità: è una realtà che per me all'inizio è stato difficile accettare, anche per la continua presenza nella nostra casa, di persone estranee. Sono soprattutto convinto che essere nella sua casa sia fondamentale per Adriana che si trova nell'ambiente che conosce da anni, circondata in continuazione da persone che le sono familiari, ed anche per me che ho trovato nella sua malattia una precisa ragione di vita.
Naturalmente sento vivamente la mancanza di colloquio con mia moglie, colloquio che in ogni momento, anche in tempi difficili, e per lunghi anni, ha tenuto salda la nostra unione. Anche in queste condizioni Adriana mi è tanto cara e mi fa tanta compagnia: la sua malattia, anche col conforto della Fede, mi ha fatto ancora crescere nonostante i miei 87 anni.
Dobbiamo augurarci tutti che il progresso della scienza medica riesca, in un futuro abbastanza prossimo, ad alleviare le sofferenze di questi malati e di conseguenza quelle dei loro familiari.

Gennaro Gallo


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