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MA NON E' COLPA TUA. SEI MALATA



Vorrei tanto che mia nonna soffrisse!
Non è giusto che non abbia più neanche questa possibilità: piangere il marito che l'ha amata e custodita per quasi sessant'anni. Non può.
Sono crudele? Forse.
Per decenni ho visto la materializzazione dell'amore e della complicità, personificati in loro.
Ed ora?
Una malattia infame ha portato via lui ed un'altra forse ancora peggiore non permette a lei di rendersi conto della perdita subita. Niente lacrime, niente straziamenti. Cos'è la vita se non ci si rende più conto di viverla, nel bene e nel male?
So che nonno mi sta rimproverando. Sono giorni che non vado a trovare nonna. Non ce la faccio. Quella casa, che è stata per me così familiare, mi è diventata estranea e, ancor peggio, non riconosco più gli odori, i suoni, i rumori, che mi hanno accompagnato tutta la vita. Poi la vedo, tante volte non sa neanche chi io sia e allora la mia rabbia è tale che vorrei scuoterla. Vorrei chiedere con la voce più aspra e stridula di cui sono capace: "Dov'è nonno? Qui non c'è più? Non ti sei accorta che ti ha abbandonato?".
Poi mi vergogno di me stessa. Non è così che dovrei comportarmi. Non è così.
Mi calmo e poi mi arrabbio di nuovo: "Lo sai che per colpa della tua malattia, che ha catalizzato tutte le nostre energie, nessuno si è accorto che nonno stava male?".
Quando lo trovai a terra per la prima volta ho pensato che fossi stata tu a spingerlo; quando ha smesso di parlare che fosse per colpa tua. E invece stava male ... moriva sotto i miei occhi ciechi.
Ma non è colpa tua. Sei malata. La cosa triste è che solo ora, da quando sei rimasta sola, hai assunto lo status di malata. Quando c'era nonno, nonostante noi tutti, eri ancora una persona "malata": ora sei solo malata!
Le mie parole sono crude. I miei pensieri sono amari. Non ce l'ho con te. Ce l'ho con la tua malattia che ti ha spersonalizzato facendoti entrare nelle statistiche.
Perdonami.
Perdonatemi.

Michela


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