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D'UN TRATTO, PERDUTO LUI, HA PERDUTO TUTTO



Mio nonno è morto una decina d'anni fa. Di notte. Ha aperto gli occhi e s'è alzato per fare pipì. "Beppina, dammi due gocce di novalgina, che ho mal di testa", deve aver detto. Ha tirato lo sciacquone. È uscito dal bagno. S'è rinfilato tra le coperte di lana ed ha chiuso gli occhi aspettando nonna. Il bicchiere di acqua e novalgina le è scivolato sulle piastrelle di graniglia nera. Di botto. Quando nonno non ha risposto, lei è rimasta in piedi, ferma. Poi la fine. Il primo uomo. L'unico amore. Sessant'anni di buongiorno e buonanotte. E baci. E sorrisi. E fischi dalla strada per aprire il portone. E viaggi. E figli. Una vita intera annegata in un bicchiere di acqua e novalgina.
Abbiamo reagito ognuno a modo suo, alla sofferenza. Nella mia mente quel giorno è appena dietro l'angolo. Per questo, forse, io la mancanza di nonno non la sento. Per questo, forse, non sono caduta sotto il macigno del dolore. Perché lui è vicino. Non ancora sbiadito nei ricordi. Vivo. E non importa che siano trascorsi giorni, mesi o anni. Se mi concentro bene, in silenzio, sento l'odore della sua pelle farsi forte, prima nelle mie narici e poi giù nei polmoni. Se mi concentro bene, in silenzio, sento il suo fischio, chiaro e lucido, chiamarmi dalla strada. E la sua voce dire "pipi". Ed i suoi abbracci. Quel giorno per me è accaduto ieri ed ho ancora tutto il tempo per scordare il suo viso. Per ora no, è troppo presto.
Nella mente della Beppina, invece, quel giorno si è perso. Come si è persa lei. D'un tratto, perduto lui, ha perduto tutto. Anche se stessa. Dimenticando. Cancellando, con la delicatezza di un adagio, ogni sfumatura. Ogni ricordo. Ogni nome. Ogni luogo. La demenza è beffarda. Ti cancella i contorni. Ti cancella i ricordi. Ti lascia persa, nel tuo involucro di pelle ed ossa. Ti vedi allo specchio, ma tu non sei più li. E nei tuoi occhi la scintilla della vita si nasconde. Forse è andata perduta anche lei. La demenza non ti lascia scampo. Passa una gomma sulla linea della tua vita, come facevi tu a scuola con i segni di matita sbagliati. E mentre ti guardo, seduta sulla tua sedia, mi ricordo delle tue mani. Quando ancora si muovevano consapevoli. E mi accorgo che tutto sembra davvero andato perduto.
Perduti i tuoi consigli. Perdute le tue prediche. Con dolcezza ti sei lasciata andare. Abbandonandoti all'oblio. E sono andate perdute le serate estive, seduti tutti intorno al tavolo in giardino. Ed è andato perduto il suono delle stoviglie in cucina nei giorni di festa. E l'arrosto al latte non esiste più. Né la torta di riso. Né la mesciua. E non c'è più il tempo. E lo spazio non ha più significato. Ed ogni mattino è come ieri. E come domani. E tutto quello che è stato rimane in un cassetto.
Già. È successo che, dopo quella notte, nonna ha smesso di ricordare. Io però la guardo, e di lei mi ricordo. Ed in fondo lo so che la sua testa matta ha solo scelto di non soffrire. Se la fisso dritto negli occhi, distoglie lo sguardo. O forse. Forse nemmeno se ne rende più conto che la guardo. Io però immagino che, semplicemente, non voglia farsi scoprire: lei sa chi sono, solo lo vuole scordare. Per amore. Per non morire di dolore. Almeno, così mi piace pensare.

Nicole,
Lerici 2008


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Ultimo aggiornamento di questa pagina 13 aprile 2009