Gentile associazione,
mi chiamo Paola di Bari, vi scrivo da Foggia, e mio papà Pietro era malato di Alzheimer. Dopo 8 anni di grande sofferenza, per lui e per noi familiari
conviventi, l’anno scorso è morto a soli 67 anni.
Ho conosciuto la vostra associazione proprio in occasione della morte di mio padre, quando alcuni amici lontani hanno devoluto alla vostra associazione una somma in memoria di papà.
Da allora ricevo il vostro giornale e vi sono vicina in tutti i modi.
Non vi descrivo i sintomi, il decorso, i comportamenti, le reazioni della
malattia, perché le conoscete meglio di chiunque altro. Posso solo dire che il
vuoto lasciato da mio padre non si può colmare. Ma ciò che faceva più male, dal
primo all’ultimo momento, era la consapevolezza che non c’era possibilità di
guarigione o di miglioramento. Purtroppo per mio padre, non c’è stata neanche
la possibilità di rallentare (seppur di poco) la malattia con i farmaci, in
quanto su di lui non hanno fatto mai effetto.
Infatti era abbastanza giovane
quando si è ammalato (aveva soli 59 anni) e i medici hanno detto che sui malati
più giovani la malattia di Alzheimer è più veloce ed i farmaci meno efficaci.
In quegli 8 terribili anni di malattia, però, papà non ha mai avuto le
reazioni tipiche dei malati di Alzheimer. Anzi, tranne 2 crisi nervose che io
definisco “di passaggio alla fase acuta”, e pochissimi scatti di nervi per
qualcosa che non voleva fare, non ha mai avuto nessuna delle reazioni che sento
descrivere ai familiari dei malati. Lui se ne stava buono e in disparte,
nonostante cercassimo di coinvolgerlo in tutto, ha cominciato pian piano a non
parlare, poi a non usare più le mani, infine a non camminare, nonostante le
fisioterapie adatte alla sua malattia, nonostante lo prendessimo per mano e poi
sottobraccio e poi attorno alla vita per farlo camminare un po’.
Io, mia sorella, ma soprattutto mia madre (che non ha mai accettato la
malattia come ora non riesce ancora ad accettare la morte di mio padre) siamo
rimaste inermi contro un male più forte e più cattivo di ogni altro male, che
non ti lascia un briciolo di speranza, che ti disintegra giorno dopo giorno
senza pietà. E abbiamo fatto il possibile curando in casa mio padre, senza mai
ricoverarlo in ospedale, per non fargli mai mancare l’affetto e la vicinanza di
chi ancora lo ama.
Ci sarebbe da parlare per giorni interi di papà, su come lui stesso, uomo
colto e informato, si è accorto di essere malato (e ce l’ha detto!), sulla
disinformazione o la poca competenza di determinati medici della mia città (che
non si esprimevano e continuavano a fare visite mensili a pagamento), sulle
difficoltà a cui sono andata incontro io stessa nel dover fare tutto ciò che
prima faceva mio padre e che non avevo mai fatto, sulla difficoltà e diffidenza
perfino per ottenere l’invalidità civile per mio padre!!!
Ma ciò di cui si sente tanto ma davvero tanto il bisogno, specialmente da
queste parti, è il supporto alle famiglie. Forse non l’abbiamo mai realmente
cercato, e anche se tutti i familiari sono scomparsi (quegli stessi familiari
che riempivano la nostra casa nei giorni di festa prima della malattia) ce
l’abbiamo fatta da sole a curare papà . Ma se ci fosse stato un centro dove poter
contare realmente su qualcuno, sarebbe stato una manna dal cielo.
Forse è per questo che vi ho scritto questa lunghissima mail. Scusate lo
sfogo, non l’ho mai fatto con nessuno che non conosca, ma da questo momento
vorrei rendermi utile per gli altri. Non so ancora in che modo, vorrei avere
informazioni circa le associazioni a supporto dei familiari dei malati di
Alzheimer presenti a Foggia, o come crearne una nuova e tutto ciò che si può
fare attivamente con una associazione.
Vi ringrazio fin da ora, so che mi risponderete presto. Vi chiedo ancora
perdono per essermi dilungata così tanto, e se la mia testimonianza può in
qualche modo servire di conforto o supporto a qualcuno, contate pure su di
me.
Grazie di cuore.
Paola di Bari |