UN DIFFICILE VIAGGIO VERSO L'IGNOTO
Agosto 08
Mi chiamo Valeria, ho 64 anni ,e da tempo mi occupo dei miei genitori, mi sono trasferita nella loro casa per seguirli meglio appena maturata la pensione dopo 35 anni di lavoro piuttosto impegnativo. Ho due fratelli appena + grandi di me con gravi problemi di salute , sposati, vivono con la loro famiglia.
La mamma ha 88 anni..
La sua patologia si è presentata quattro anni fa( circa), con manifestazioni simili agli attacchi di panico, che si ripetevano regolarmente ogni giorno nel tardo pomeriggio. A volte per motivi banali ( per me) se qualcosa non andava secondo i suoi piani esternava la sua paura attraverso una crisi isterica che mi sembrava veramente esagerata e non adeguata alla situazione del momento.
Poi i disturbi della parola sfuggente e la frustrazione che provava nel rincorrerla senza mai raggiungerla, frustrazione che accendeva in lei la consapevolezza che dentro la sua testa un misterioso e spietato nemico tentasse di impossessarsi delle sue facoltà intellettive. E quando il sospetto da parte mia è diventato certezza è scattato il rifiuto della realtà e ogni qualvolta la mamma si comportava come una persona normale pensavo che forse la diagnosi era da rivedere.
In questi ultimi anni di peggioramento ne ho sofferto molto perché volevo aiutarla e mi rendevo conto di quanto fossi impotente davanti a questo determinato e inarrestabile nemico. Non capivo nemmeno da cosa derivasse il comportamento egoistico di mia madre nei miei confronti, perché rifiutasse la presenza della badante che poverina ce la metteva tutta per conquistarla, pur avendole spiegato che da sola non potevo farcela e che la badante non faceva parte di un progetto punitivo nei suoi confronti ma mi avrebbe permesso di dare a loro una assistenza migliore più serena e tranquilla, non stressata dalla fretta di fare tutto e bene.
Mi chiedevo stupita come poteva una madre pretendere dalla propria figlia che rinunciasse totalmente a vivere la propria vita per dedicarsi completamente alla "SUA”
Ma bisogna riconoscere che mia madre possiede una tecnica disarmante che usa regolarmente quando non vuole accettare un discorso che per lei è scomodo e minaccia di aumentare le distanze tra le mie esigenze e le "SUE". Allora improvvisamente perde l'udito trasferendo tutta la colpa all'apparecchio acustico che in quel momento, guarda caso, non funziona.
Ormai mi sono abituata ai suoi discorsi strampalati ed alle sue allucinazioni (in parte causate dalla malattia e in parte provocate dai farmaci sedativi??) anche se alcune frasi emergono come fantasmi da un passato di conflitti non rimossi (da parte sua) tra madre e figlia che non hanno nulla a che vedere con la sua patologia di oggi ma fanno parte di situazioni emotive vissute molto tempo fa e che ora esplodono attraverso la sua identità di vittima incompresa.
E’ forse il caso di dire che ogni demenza è condizionata dal vissuto, dal carattere e dalla personalità di chi ne è colpito?
Ora la sfilata delle badanti è finita ed è iniziata la mia assistenza 24h . Con il tempo ho imparato ad accettare ed a gestire le sue crisi di paura sdrammatizzando e invitandola a cantare oppure a recitare una filastrocca o magari a raccontare le sue storie di bambina. E quando dimostro interesse e rido per i sui racconti fantasiosi lei aggiunge la sua risata alla mia e non la smette più di raccontarsi, felice e consapevole di essere riuscita a catturare la mia attenzione.
A volte è impossibile quantificare e valutare la sua patologia separandola da ciò che è rimasto delle sue poche sane facoltà cognitive e devo dire che tutto sommato non credo ( a questo punto )sia così importante saperlo.
Forse nessuno leggerà questa lettera perché non trasuda del solito pietismo e amore sviscerato di una figlia nei confronti della propria madre malata di Alzheimer ?????, ma è soltanto la descrizione reale di questo percorso di vita che coinvolge due persone, una madre e una figlia che da sole affrontano questo difficile viaggio verso l'ignoto.Valeria
Ultimo aggiornamento di questa pagina 13 aprile 2009