Le Uva sono 500 secondo un censimento del 2006. Ma si tratta di un dato poco certo perché non esiste una lista ufficiale: metà delle Regioni non ha nemmeno l’elenco sul proprio sito internet. E le famiglie dei malati non sanno come individuare il centro di cura dove portare il proprio congiunto.
In Italia i centri deputati alla diagnosi si dovrebbero chiamare ‘Unita’ di Valutazione Alzheimer’, meglio noti con la sigla Uva. Ma in varie regioni prendono altri nomi, come nel Lazio il cui piano sanitario parla di ‘Centri esperti per demenza’.
Ma non e’ il solo problema: accanto a realtà all’avanguardia c’è un 25% di Uva che sono aperte un giorno solo alla settimana. Nell’8% c’è un solo medico presente a prescrivere farmaci.
Le Uva sono solo il primo gradino dell’organizzazione che deve prendere in carico il malato. Non meno importanti sono i servizi: centri diurni, ricoveri di sollievo, assistenza domiciliare integrata, residenze per non autosufficienti. E il maggior carico continua a ricadere sulle famiglie, perché in Italia sono poco diffusi i servizi di assistenza domiciliare (4,9% rispetto al 13% dell’ Europa) e residenziale (3% rispetto al 6-8% dell’Europa).
Per questo è da accogliere con piacere la proposta di Alzheimer Italia che ha deciso di mettere a disposizione di tutte le Regioni italiane il software che, con l’aiuto dell’Istituto Mario Negri, ha creato e utilizzato per creare una banca dati facilmente consultabile sulle 81 Uva lombarde e sui servizi di assistenza.
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